giovedì 20 novembre 2014

I sette principi ermetici

Gli assiomi ermetici del «Kybalion» tesori nascosti di una sapienza antichissima


di Francesco Lamendola

Fonte: Arianna Editrice

Nel 1944 veniva dato alle stampe, presso i Fratelli Bocca di Milano, un aureo libretto dalla veste tipografica assai dimessa (e si capisce: che anni terribili, erano quelli, per il nostro Paese!) e privo del nome dell'autore. Si intitolava Il Kybalion, e recava come sottotitolo: La filosofia ermetica dell'antico Egitto e della Grecia.  Al di sopra del titolo, la dicitura: Tre iniziati: dunque, gli autori, anonimi, erano tre. Sfogliando le prime pagine, il lettore apprendeva che il titolo originale dell'opera era The Kibalyon, e che il testo presentato era stato tradotto in italiano da Remo Fedi. Tre autori ignoti, quindi, di nazionalità anglosassone, dato che avevano scritto l'opera in inglese. 
Si ignora l'esatto significato del nome Kybalion; si sa soltanto che, secondo i cultori della filosofia ermetica, tale era il titolo di una raccolta di insegnamenti che si tramandava dalla lontana antichità e che era attribuita direttamente ad Ermete Trismegisto.
Strano libro; strane circostanze di pubblicazione; tre autori che avevano voluto mantenere l'incognito, come d'abitudine nei circoli iniziatici, dove non si lavora per la propria gloria e dove, soprattutto, non ci si considera i «veri» autori degli insegnamenti esoterici, bensì dei semplici trasmettitori di una sapienza antichissima: la Tradizione primordiale, trasmessa oralmente da innumerevoli generazioni.  Anche la dedica dell'opera, A Ermete Trismegisto, noto agli antichi egiziani come il «più grande dei grandi» ed il «maestro dei maestri», allude all'estrema antichità della Tradizione iniziatica, che avrebbe mosso i primi passi sulle rive del Nilo o forse prima ancora, nel perduto continente di Atlantide.

Se, poi, si volesse tentare di risalire indietro nel tempo per individuare, con uno sforzo supremo, le radici ultime di un tale sapere, allora bisognerebbe arrestarsi come davanti a una soglia proibita: perché la caratteristica fondamentale della Tradizione è, appunto, quella di avere una origine non-umana.
Così la definisce uno dei più grandi iniziati dei nostri tempi, il francese René Guénon, in alcuni passaggi delle sue opere (raccolti in Pensieri sull'esoterismo, Fratelli Melita Editori, Genova, 1988, pp. 273-274):

Las Tradizione, lungi dall'essere un ostacolo agli adattamenti che le circostanze esigono, ha sempre fornito il principio adeguato di tutti quelli che si sono rivelati necessari (da: Oriente ed Occidente, 1924, trad. ital. Torino, 1965, p. 227). La Tradizione ammette tutti gli aspetti  della verità, non opponendosi a nessun adattamento legittimo (id., p. 235). La Tradizione, nella sua integralità, forma un insieme perfettamente perfettamente coerente, ciò che non significa sistematico (da: L'Uomo e il suo Divenire secondo il Vedanta, 1925, trad. ital. Torjo, 1965, p. 18). Nella confusione mentale caratterizzante l'epoca nostra si è infatti giunti ad applicare indistintamente questa parola, Tradizione,  ad ogni sorta di cose, a cose spesso insignificanti, a semplici costumi privi di ogni portata e spesso di origine affatto recente (da: La Crisi del Mondo Moderno, 1927, trad. ital. Roma, 1972, p. 50). L'origine della Tradizione, se pure la parola origine ha ancora in simili casi una ragion d'essere è non-umana come la metafisica stessa (da: La Metafisica Orientale, 1939, trad. ital. in Rivista di Studi Tradizionali, 1944, 1976, p. 20). L'idea di tradizione è stata a tal punto distrutta che coloro i quali aspirano a ritrovarla non sanno più da quale parte dirigersi e sono pronti ad accogliere tutte le false idee che saranno presentate loro in sua vece e sotto il suo nome (da: Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, 1945; trad. ital. Torino, 1968 p.253).  Tutti gli impieghi abusivi della parola Tradizione possono,   in proporzioni variabili, servire a questo scopo, a cominciare dal più volgare d tutti, quello che la fa sinonimo di costume e di uso (id., p. 254). Il nome di Tradizione si applica a ciò che, nel suo fondo stesso è restato tale quale era all'origine; si tratta dunque effettivamente di qualche cosa che è stato trasmesso, se si può dire, da uno stato anteriore dell'umanità allo stato suo presente (da: Considerazioni sulla Via Iniziatica, 1946; trad. ital. Milano, 1948, p.88). La Tradizione comprende non solo tutto  quello che vale di essere trasmesso, che veramente può esserlo, poiché il resto ciò che è sprovvisto di carattere tradizionale e che di conseguenza cade nel punto di vista profano, è tanto dominato dal cambiamento che ogni trasmissione ridiventa ben preso un anacronismo puro e semplice o una superstizione nel senso etimologico della parola (id., p.90). Pur attraverso ogni successivo adattamento, la Tradizione non può che affermare di diritto, se non di fatto, che il suo punto di vista è realmente valido per tute le cose, e che la sua sfera di applicazione le comprende tutte in egual misura (da: Iniziazione e Realizzazione Spirituale, 1952; trad. Ital., Torino, 1967, p.p. 102).

E ancora (Op. cit., p. 274):

Ogni tradizione va considerata nella sua integralità e non è il caso di chiedersi che cosa in essa sia primitivo o no, dato che si tratta di un insieme perfettamente coerente e nel quale tutti gli impliciti punti di vista possono essere considerati tanto simultaneamente quanto successivamente (da: Introduzione Generale  allo Studio delle Dottrine, 1921; trad. ital. Torino, 1965, p. 160). L'unità essenziale e fondamentale di tutte le tradizioni permette spesso, grazie ad un uso sensato dell'analogia e tenuto conto della diversità degli adattamenti, di interpretare le concezioni a cui si ricollegano originariamente le usanze prima di essere ridotte  al rango di «superstizioni» (id., p. 277). Ciò che in ogni tradizione è più elevato può essere nello stesso tempo ciò che è più facilmente afferrabile e assimilabile, indipendentemente da ogni considerazione di razza o di epoca ed alla sola condizione di una sufficiente capacità di comprensione (da: Oriente ed Occidente, cit., p. 168).  Una tradizione completa può comprendere aspetti complementari e sovrapposti, i quali, riferendosi a domini essenzialmente distinti, non possono essere in contraddizione, né entrare in conflitto l'uno con l'altro (id., pp. 181-182). Due tradizioni vere non possono in nessun caso opporsi come contraddittorie (id., p. 2119:. In ogni caso, se tra due tradizioni si scopre una contraddizione apparente, occorre trarne la conclusione, non che una è vera e l'altra è falsa, ma che almeno una di esse è stata compresa in modo imperfetto (id., p. 212). Se un'intesa tra i rappresentanti delle diverse tradizioni è possibile, e noi sappiamo che in linea di principio nulla vi si oppone, essa non potrà venir realizzata che dall'alto, di modo che ciascuna tradizione conserverà sempre integralmente la propria indipendenza e con essa le forme che le sono proprie (id., p. 214).  Ogni tradizione contiene, sin dall'origine, tutt'intera la dottrina comprendendo da principio la totalità degli sviluppi e degli adattamenti che potranno legittimamente  procederne nel corso dei tempi, così come le applicazioni cui essa può dar luogo in tutti i domini (da: Il Regno della Quanità. Cit., p.98).

È evidente, da quanto si è visto, che la concezione evoluzionistica della biologia non può in alcun modo conciliarsi con l'idea iniziatica. Quest'ultima, infatti, presuppone che il livello di consapevolezza dell'uomo sia progressivamente scemato, e non che si sia accresciuto. Secondo i cultori della Tradizione, essa fu trasmessa ad una umanità assai più evoluta, in senso spirituale, di quanto non lo sia oggi, quando pochi maestri in incognito ne tengono viva la fiamma, in un mondo che è divenuto ormai totalmente profano.
Ma torniamo al libro del Kybalion.
Oggi sappiamo che i «tre iniziati» erano tre americani: William Walker Atkinson, Paul Foster Case e Mable Collins.
Essi presentavano quel testo come un completamento della più importante opera ermetica, la Tavola Smeraldina; ed esponevano le principali tappe per acquisire la piena conoscenza dei rapporti fra l'essere umano e il mondo della natura, realizzando così la condizione di «re dell'universo materiale». In particolare, veniva dedicato un capitolo all'esposizione di ciascuno dei sette principi capitali della filosofia ermetica.
Li riassumiamo brevemente.

Il primo principio è quello del mentalismo, che si può sintetizzare nella formula «tutto è spirito» ed esprime la consapevolezza che l'Universo è, nella sua vera ed intima sostanza,  mentale; e che, di conseguenza, «tutto è in tutto» (solo a questo primo principio, considerato il più importante perché comprende, in un certo senso, anche i successivi,  vengono dedicati ben cinque capitoli; mentre a ciascuno degli altri sei principi, uno soltanto). 
È importante, inoltre, riflettere che se  tutto è nel Tutto, è altrettanto vero che il Tutto è in tutto. Tradotto in termini religiosi, si potrebbe anche dire pertanto, che ogni cosa è in Dio e che Dio è in ogni cosa.
Il secondo principio è quello di corrispondenza, che si può esprimere nella ben nota formula alchemica: «Ciò che è in alto è uguale a ciò che sta in basso, ciò che sta in basso è uguale a ciò che è in alto.» Tutti i fenomeni dell'universo, inoltre, si possono raggruppati in tre grandi categorie, relative ai tre piani di realtà: fisico, mentale e spirituale.
Il terzo principio è quello della vibrazione. In base ad esso, ogni cosa vibra, ogni cosa è in movimento; e non c'è nulla, nell'Universo, che permanga in uno stato di quiete. Come ha ben detto  uno scrittore ermetico, «chi comprende il principio della vibrazione, ha afferrato lo scettro del potere».
Il quarto principio è quello di polarità. Esso afferma che tutto ciò che è esiste è doppio, ogni cosa ha due poli, due lati, due aspetti, formanti una coppia di opposti. Tutto è duale, ma il simile e il dissimile sono uguali; gli opposti sono identici di natura, ma differenti di grado; gli estremi si toccano, e tutte le verità non sono altro che mezze verità. Tutti i paradossi, infatti, possono essere conciliati.
Il quinto principio è quello del ritmo. Vi si enuncia che tutto scorre, tutto ha una durata, tutto conosce un processo di sviluppo e, poi, di degenerazione. Come l'equilibrio del pendolo, il quale, nella sua oscillazione, misura un movimento di pari ampiezza sia verso destra che verso sinistra, così ogni cosa possiede un ritmo costante. Tutto fluisce e rifluisce: ogni cosa ha le sue fasi; tutte le cose s'innalzano e cadono; il ritmo si compensa da sé.
Il sesto principio è quello della causalità. Ogni cosa possiede la propria causa e il proprio effetto; non esiste il caso, poiché dietro questa parola si celano delle leggi ancora sconosciute all'uomo. È vero, piuttosto, che esistono diversi piani di causalità, e non uno solo; ma resta il fatto che niente di ciò che esiste può sottrarsi alla legge della causa e dell'effetto.
Il settimo principio è quello del genere. Esso dice che il genere si trova in ogni cosa, che tutto ha il suo principio maschile e il suo principio femminile; che i due generi sono sempre presenti ed attivi in tutte le fasi dei fenomeni; e che il genere si manifesta su tutti i piani di vita. Beninteso, nel linguaggio ermetico «genere» non corrisponde, semplicemente, a «sesso», ma ha un significato molto più esteso e generale, e ha a che fare con l'idea della generazione, ossia della procreazione delle cose.
Un corollario del settimo principio ermetico è che esiste, accanto al concetto di genere senza altra specificazione, anche il concetto di genere mentale. Sul piano mentale, il principio maschile della mente corrisponde alla cosiddetta «mente oggettiva»: ossia la mente cosciente di sé, attiva e volontaria. Il principio femminile della mente, invece, corrisponde alla cosiddetta «mente soggettiva»: ossia la mente subcosciente, passiva e involontaria.
È poi degno di nota il fatto che ciascuno dei sette grandi principi ermetici viene esposto anche mediante un confronto con le più recenti acquisizioni della scienza moderna - specialmente della fisica delle particelle sub-atomiche, e della psicologia - per mostrare le corrispondenze fra le scoperte scientifiche sul piano materiale, e le conoscenze tramandate oralmente, da una generazione all'altra, dagli iniziati alla filosofia ermetica. Si saranno notate, ad esempio, pur nei brevi cenni che abbiamo sin qui dato, le somiglianze, per non dire le identità, con alcune ben note asserzioni di scienziati-alchimisti come Paracelso, di cui ci siamo altrove occupati (cfr. il nostro articolo Paracelso, ovvero al bivio della scienza moderna, sul sito di Arianna Editrice).

A questo punto, crediamo di fare cosa utile al lettore riportando il breve capitolo conclusivo, il XV, di questo libro di difficile reperimento - ristampato nel 1952 dai Fratelli Bocca di Milano, ma oggi quasi introvabile - intitolato Assiomi ermetici.

«Il possesso delle verità, a meno che non abbia corrispondenza nel campo dell'azione, è come l'accumulare metalli preziosi: cosa vana e sciocca. La conoscenza, come la ricchezza, è intesa per l'uso., La 'legge dell'uso' è universale, e chi la viola, soffre, poiché si mette in conflitto con le forze naturali» (Il Kybalion).
Gli insegnamenti ermetici, ancorché siano rimasti chiusi nella mente dei fortunati possessori, per le ragioni che abbiamo già esposte, non furono mai impartiti per essere tenuti in deposito e sotto chiave.  La 'legge dell'uso' è ad essi applicabile, come potrete rilevare dalla suddetta citazione. La conoscenza senza uso e senza espressione, è cosa vana, perché non reca alcun bene al suo possessore ed alle genti. Guardatevi dalla miseria mentale ed esprimete con l'azione ciò che avete imparato. Studiate gli assiomi e gli aforismi, ma praticateli anche.
Citiamo qui appresso alcuni dei più importanti assiomi ermetici,  tolti dal Kybalion, con pochi commenti in aggiunta. Fateli vostri, praticateli ed usateli, perché non saranno interamente di vostra proprietà finché non li avrete usati.
«Cambiate il vostro temperamento o il vostro stato mentale, significa cambiare la vostra vibrazione» (Il Kybalion).
Uno può cambiare le proprie vibrazioni mentali con uno sforzo di volontà,  nel senso di fissare deliberatamente l'attenzione sopra uno stato più desiderabile. La volontà dirige l'attenzione e l'attenzione cambia la vibrazione. Coltivate l'arte dell'attenzione per mezzo della volontà, e compenetrerete il segreto di rendervi padroni dei temperamenti e degli stati mentali.
Distruggete una quota non desiderata di vibrazioni mentali, mettete in attività il principio di polarità e concentratevi sul polo opposto a quello che desiderate sopprimere. Uccidete l'«indesiderabile» cambiando la sua polarità (Il Kybalion).
È questa una delle più importanti formule ermetiche.   Essa è basata su reali principi scientifici. Vi abbiamo mostrato che uno stato mentale e il suo opposto sono semplicemente i due poli d'una stessa cosa, e che con la trasmutazione mentale la polarità potrebbe essere rovesciata. Questo principio è noto agli psicologi moderni, che lo applicano in vista dell'eliminazione di cattive abitudini con l'invitare gli studiosi a concentrarsi sulla qualità opposta. Se siete presi dalla paura non perdete tempo a cercare di «uccidere» questa, ma coltivate invece la qualità del coraggio, e la paura scomparirà. Alcuni scrittori hanno creduto di poter esprimere questo concetto illustrandolo con l'analogia della camera oscura. Voi non avete già da spazzare l'oscurità, ma se puramente e semplicemente aprite le persiane e fate entrare la luce, l'oscurità senz'altro scompare. Eliminate una qualità negativa, concentratevi sul lato positivo di tale qualità e le vibrazioni gradatamente cambieranno dal negativo al positivo, fino a che verrete ad essere polarizzati sul polo positivo, anziché sul negativo. L'universo è pure vero, come molti hanno potuto constatare con loro dolore, allorché hanno permesso che e loro vibrazioni fossero troppo costanti sul polo negativo delle cose. Cambiando la vostra polarità potrete padroneggiare il vostro temperamento, cambiare i vostri stati mentali, ricostituire la vostra risposizione [sic] e riedificare il vostri carattere. Gran parte del magistero mentale dell'ermetista più progredito è dovuto a questa applicazione della polarità, ch'è uno degli aspetti importanti della trasmutazione mentale. Ricordatevi dell'assioma ermetico (…)  che dice: «La mente (come pure i metalli e gli elementi) possono essere trasmutati da stato a stato; da grado a grado; da condizione a condizione; da polo a polo; da vibrazione a vibrazione» (Il Kybalion).
Il magistero della polarizzazione è il magistero dei principi fondamentali della trasmutazione o dell'alchimia mentale, poiché se uno non acquista l'arte di cambiare la propria polarità, egli non potrà avere alcuna influenza sull'ambiente. La comprensione di questo principio rende possibile il cambiamento della propria polarità, come pure di quella degli altri, purché egli dedichi il tempo, l'attenzione, lo studio e la pratica necessaria per rendersi padrone dell'arte. Il principio è vero, ma i risultati ottenuti dipendono dalla persistente pazienza e pratica dello studioso.
«Il ritmo può essere neutralizzato da un'applicazione dell'arte della polarizzazione» (Il Kybalion).
Come abbiamo spiegato nei precedenti capitoli, gli ermetisti tengono per fermo che il principio del ritmo si manifesti sul piano mentale come pure sul piano fisico, e che la successione sbalorditiva degli stati d'animo, dei sentimenti, delle emozioni e di altri stati mentali sia dovuta all'oscillazione del pendolo mentale che va dall'uno all'altro estremo del sentimento. Gli ermetisti insegnano pure che la legge di neutralizzazione rende possibile, su vasta scala, di sopraffare l'attività del ritmo nella coscienza.  Come abbiamo spiegato, esiste un piano di coscienza più elevato, oltre a quello ordinario più basso, e il maestro, con l'innalzarsi mentalmente al primo, fa sì che l'oscillazione del pendolo mentale si manifesti sul secondo. Perciò egli, stando sul piano più alto, sfugge alla prova dolorosa, nella sua coscienza, dell'oscillazione a ritroso. Ciò ha luogo mediante polarizzazione dell'«io» più elevato, per cui vengono innalzate le vibrazioni mentali dell'«ego» al di sopra di quelle del piano di coscienza ordinario. Il processo richiama alla mente il «sollevarsi su di una cosa e lasciarla passare sotto di noi».-
L'ermetista progredito s polarizza al polo positivo del suo essere - al polo dell'«io sono» anziché a quello della personalità - e, col «rifiutare» e «negare» l'operazione del ritmo, si innalza sul piano di coscienza. Restando fermo nella sua «affermazione di essere». Fa sì che il pendolo oscilli all'indietro sul piano più basso senza cambiare la sua polarità.
Ciò viene compiuto da tutti gli individui che abbiano conseguito un qualsiasi grado di magistero, comprendano essi - o meno - la legge. Tali persone «rifiutano» semplicemente di farsi portare indietro dal pendolo degli stati d'animo e delle emozioni e, affermando fortemente la loro superiorità, rimangono polarizzate al polo positivo. Il maestro, com'è naturale, raggiunge un rado d'efficienza molto più alto, poiché comprende la legge, ch'egli supera in virtù d'una legge più elevata, mentre con l'impiego della sua volontà perviene ad un grado d'equilibrio e di rigidità mentale quasi impossibili a pensarsi da parte di coloro che si fanno trasportare all'indietro e in avanti dal pendolo mentale degli stato d'animo e dei sentimenti. 
Però, ricordatevi sempre che non distruggete in tal modo il «principio del ritmo», giacché questo è indistruttibile. Trionfate semplicemente di una legge controbilanciandola con un'altra, e così mantenete un equilibrio. Le leggi del bilanciamento e del controbilanciamento sono in funzione sul piano mentale, come pure su quello fisico, e la comprensione di queste leggi rende possibile ad uno l'apparente rovesciamento di queste, mentre effettivamente egli non dà luogo che ad un controbilanciamento.
«Nulla sfugge al principio di causa ed effetto, ma sussistono numerosi piani di causalità, e si possono usare le leggi del più elevato per aver ragione delle leggi del più basso» (Il Kybalion). 
Mediante la «pratica della polarizzazione», gli ermetisti assurgono ad un più alto piano di causalità, e conrobilanciano in tal modo le leggi dei più bassi piani. Con l'innalzarsi al di sopra del piano delle cause ordinarie, essi divengono, fino ad un certo punto, «cause» anziché rimanere semplicemente dei «causati». Riuscendo a padroneggiare i loro stati d'animo e i loro sentimenti, nonché a neutralizzare il ritmo, come abbiamo già spiegato, essi possono in gran parte sottrarsi all'azione della causa e dell'effetto sul piano ordinario. La gran massa del pubblico è trasportata. Obbedisce all'ambiente; le volontà e i desideri degli altri hanno la prevalenza su di essa; e c'è pure da tener conto delle tendenze ereditarie, delle varie suggestioni e di altre cause esterne, che la fanno muovere sullo scacchiere della vita come se si tratti d'una semplice pedina. Col mettersi al di sopra di queste cause influenzanti, gli ermetisti più progrediti cercano un piano più alto di azione mentale; e col dominare i loro stati d'animo, le loro emozioni, i loro impulsi e i loro sentimenti, si creano nuovi caratteri, qualità e poteri, con cui pervengono a dominare il loro ambiente ordinario divenendo in tal modo praticamente giuocatori in luogo di semplici pedine. Tali persone coadiuvano a giuocare intelligentemente la partita della vita, anziché essere mosse nell'una o nell'altra guisa da più forti influenze, potenze e volontà. Esse impiegano il principio della causa e dell'effetto, anziché essere impiegate da questo. Naturalmente, anche quelle più elevate sono soggette al principio manifestantesi sui piani più alti, ma sui piani più bassi esse sono «padrone» anziché «schiave». Come dice il Kybalion: «I saggi servono sul piano più elevato, ma dominano su quello più basso. Essi obbediscono alle leggi dei piani superiori, ma su quelli inferiori dominano e impartiscono ordini. Tuttavia, ciò facendo, formano parte del 'principio', anziché opporsi ad esso. Il saggio aderisce alla legge e, col comprenderne i suoi movimenti, la mete in funzione invece di esserne il suo cieco schiavo. Precisamente come l'abile nuotatore che si rigira nell'uno o nell'altro modo, a sua volontà, anziché essere trasportato qua e là come un pezzo di legno, il saggio si comporta in uguale maniera rispetto all'uomo ordinario: ciò nondimeno, tanto il nuotatore che il pezzo di legno, e tanto il saggio che lo sciocco, sono soggetti alla legge. Chi comprende ciò è sulla strada del magistero» (Il Kybalion).
In conclusione, richiamiamo ancora una volta la vostra attenzione sull'assioma ermetico: «La vera trasmutazione ermetica è un'arte mentale» (Il Kybalion).
Col suddetto assioma gli ermetisti insegnano che la grande opera d'influenzamento del proprio ambiente è compiuta dalla potenza mentale. Essendo l'universo interamente mentale, ne segue ch'esso può essere dominato solo dalla mentalità. E in questa verità si può trovare la spiegazione di tutti i fenomeni e di tutte le manifestazioni dei vari poteri mentali che, in questi ultimi anni del ventesimo secolo, hanno così fortemente attratta l'attenzione di tanta gente. Oltre e al di sotto degli insegnamenti dei vari culti e scuole, rimane sempre costante il principio della sostanza mentale dell'universo. Se l'universo è mentale nella sua natura sostanziale, ne segue che la trasmutazione mentale deve cambiare le condizioni e i fenomeni dell'universo. Se l'universo è mentale, allora la mente deve essere il più alto potere agente sui suoi fenomeni, Se si giungerà a ben comprendere questo, allora i cosiddetti «miracoli» e «prodigi» saranno precisamente riguardati per quel che sono.
«IL TUTTO È MENTE; l'universo è mentale» (Il Kybalion).

Si sarà notato che in questo passo, semplice e chiaro nella forma quanto profondo nel contenuto, sono esposti con mirabile concisione alcuni concetti che ricorrono costantemente, in forma degradata e frammentaria, nella psicologia moderna e, in genere, nelle odierne tecniche della cosiddetta «salute mentale». 
La differenza è che qui si colgono le radici nascoste di fenomeni che, nelle loro manifestazioni, sono oggetto di una conoscenza imprecisa e balbettante da parte di quanti, sprovvisti di una giusta prospettiva (convinti, ad esempio, della sostanzialità del mondo materiale), si sforzano, come ciechi che procedano a tastoni, di afferrare almeno alcuni brandelli di verità. Salvo poi, su quei miseri e sparsi brandelli, avere la pretesa di costruire chissà quali edifici, e non solo di tipo psicologico, ma altresì filosofico-religioso, come fanno tanti fondatori e seguaci di sette e pseudo-sette a metà fra il mistico e lo scientifico, il tutto - naturalmente - intinto in generose porzioni di salsa New Age. Non c'è bisogno nemmeno di fare nomi, tanto li conosciamo tutti.

In conclusione, l'invito degli autori del Kybalion si rivolge ad uomini forti; uomini che non vogliono  lasciarsi trascinare dalle manifestazioni del piano di realtà fisico, ma i quali, invece, desiderano ancorarsi saldamente ai piani superiori della realtà mentale.
Così facendo, essi potranno non soltanto divenire dei giocatori nella partita della vita, anziché delle misere pedine mosse a piacere dalla volontà altrui o, comunque, da circostanze esterne; ma potranno realizzare un enorme risparmio di energie psichiche, emozionali, affettive, che di norma vengono dissipate senza alcuna utilità per l'individuo. 
Tali energie, invece, possono essere poste al servizio di una consapevolezza sempre più elevata del fenomeno «vita», avviando un ciclo virtuoso, in cui la permanenza del soggetto nella polarità positiva gli consente un accumulo sempre maggiore di energie mentali; e queste, a loro volta, consentono un progresso spirituale sempre più grande, un'armonia sempre maggiore, una chiarezza di visione di giorno in giorno più lucida e penetrante.
Ciascuno, pertanto, può essere l'artefice della propria trasmutazione alchemica.

Con una importante precisazione, che ci sentiamo in dovere di aggiungere, pur nella consapevolezza che gli autori del Kybalion, probabilmente, non l'avrebbero condivisa: che l'iniziato non deve inorgoglirsi dei propri progressi come se ne fosse egli solo l'artefice, ma che deve costantemente conservare l'umiltà e l'apertura spirituale per riconoscere la propria piccolezza e per chiudere l'ausilio di quella Grazia, senza la quale né lui, né alcun altro - sciocco o sapiente, dotto o ignorante - nulla potrebbero realizzare, se non in maniera effimera e illusoria.





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